Bologna, 18 giugno 2014 – Ma il santo più amato chi è? «Antonio da Padova, non ci sono dubbi. Non c’è chiesa in Europa e nel mondo che non abbia un punto di devozione dedicato a lui. È il taumaturgo più potente. Il culto è stato portato in giro dagli emigranti».
Fernando Lanzi e la moglie Gioia da quasi quarant’anni sono ‘cacciatori’ di sacro. Dai piccoli santuari a Lourdes o Medjugorje. Lui è ingegnere, dirige il museo della Madonna di San Luca. Lei è dottore in lettere classiche. Insieme, guidano il Centro Studi di Cultura Popolare.
Chilometri percorsi?
Lui: «Un milione, più o meno. In camper. I santuari visitati? Migliaia».
La prima volta.
Lei: «Era il ’76. Abbiamo censito le Maestà di Lizzano in Belvedere, sull’Appennino, oggi viviamo là. Sono i pilastrini con le nicchie e le immagini sacre. Per lo più Madonnine. Da sempre il popolo cristiano si esprime con i segni».
Anche a Bologna, città rossa.
Lui: «Eccome! Abbiamo catalogato 312 immagini sacre solo nella cerchia delle mura. Basta camminare per vederli. Non c’è bisogno di entrare negli androni, non bisogna chiedere permesso».
Lei: «È come per la Madonna di San Luca. Vai in processione anche se non vai a Messa. Penso al Cristo nero del Pratello, sempre pieno di fiori. La gente è affezionata, quando hanno visto il restauro dissennato che è stato fatto, si è rischiata la rivolta».
Trentotto anni di viaggi per studiare la devozione.
Lui: «Abbiamo percorso in lungo e in largo tutta l’Europa, diverse volte. Anche gli stati più piccoli, come il Liechtenstein. Poi Messico e Israele».
La sintesi qual è?
Lui: «Dagli Urali all’Atlantico, la cultura europea è nata dalla fede».
Che metodo avete seguito?
Lei: «Studiare prima, prendere contatti. Poi partire, andare a vedere. E fare come l’antropologo. Che guarda, ascolta, chiede. Ecco, bisogna farsi tante domande».
Tipo?
Lei: «Vai in San Domenico, qui a Bologna, vedi l’immagine di Santa Rosa da Lima e devi capire perché è lì. È domenicana, la patrona del Perù».
Le vite dei santi per voi non hanno segreti…
Lei: «Abbiamo consultato 11mila libri, ne abbiamo scritti una cinquantina e riempito così tanti quaderni di appunti che potremmo andare avanti per altri vent’anni». Lui: «La gente all’inizio si meraviglia, di dove siete, che cosa cercate qui, il nostro è solo un paese di duemila anime! Poi dall’incredulità si passa all’accoglienza».
Che cosa rappresentano i santuari nel mondo?
Lui: «Un punto d’aggregazione e d’identità. I miracoli? Tantissimi. L’ultimo che ci è stato raccontato l’ha compiuto il beato Rivi».
Ci sono beati che dopo secoli non sono ancora santi.
Lei, sorridendo: «Si devono dare una mossa e fare il secondo miracolo, condizione necessaria per gli altari!».
La Chiesa è prudente.
Lui: «E ha ragione. La Chiesa cerca di stare molto con i piedi per terra. Ormai i miracoli li accertano i medici. Non è più come un tempo, quando sugli ex voto si raccontavano rovinose cadute da cavallo senza conseguenze. Oggi bisogna guarire da una malattia che per la medicina non dà scampo».
L’incontro inaspettato.
Lui: «A Lourdes tanti musulmani che venerano la Madonna. Loro riconoscono la verginità di Maria, madre di Gesù, ultimo profeta prima di Maometto».
Rita Bartolomei
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